La colpa è anche nostra – EDITORIALE

Napoli, borgo S.Antonio.
Il video che riprende una banda di giovanissimi armati di petardi e sassi, mentre con spregiudicata violenza assalta – letteralmente –  gli agenti della Polizia di Stato intervenuti per impedire l’accensione dei cosiddetti “fuocarazzi”, è la drammatica rappresentazione di un problema terribilmente più profondo e annoso di quanto i commentatori d’ultima ora lasciano trasparire.
Dinanzi a queste sconfinate dimostrazioni di inciviltà urge uno sforzo ulteriore rispetto alla legittima condanna. Perchè se un gruppo di ragazzini, alcuni addirittura con meno di 14 anni, si comporta con tale sprezzo delle regole e delle Istituzioni, è chiaro che la soluzione non può essere riducibile alla sola invocazione di pene più severe.
Del resto un approccio esclusivamente sanzionatorio – che neanche si interroghi sulle complesse cause di un comportamento tanto feroce – non arriva neanche a scalfire un mostro ben più grande di quello che evidentemente si vuole accettare.
Ecco perché non possiamo assolutamente permetterci l’ingenuità di non contestualizzare l’episodio.  Continua a leggere . . .

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Al di là delle bombe di camorra

Qualche anno fa, in uno dei nostri progetti nelle periferie dell’area Nord di Napoli, chiesi ai bambini di una quarta elementare di spiegarmi il significato che per loro aveva il termine “diritto”. Non mi aspettavo certo una definizione accademica, ero più che altro preparato a raccogliere esempi per approfondirli insieme durante la lezione. Rimasi invece molto colpito quando uno degli alunni, alla parola “diritto”, reagì mimando il gesto delle manette. Ricordo ancora l’espressione che aveva: seria, quasi torva. Appresi più tardi che la sua distorta visione del tema era la risultante di una serie di problemi giudiziari riguardanti alcuni suoi familiari. I bambini dopotutto sono come spugne: quello che vedono, ascoltano, vivono, inevitabilmente lo assimilano.

Parto da qui allora: da uno studente di quasi nove anni nato e cresciuto in periferia, in uno dei più difficili rioni della mia città, Afragola, oggi nota per essere al pari di un territorio di guerra, con otto attentati esplosivi di matrice camorristica registrati in appena venti giorni.

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Spagna e Catalogna, la sfida tra Regione e Stato

La Catalogna è una comunità autonoma spagnola che si differenzia dal resto della Spagna per cultura e lingua. La sua storia parte dall’età carolingia, in cui la regione ha goduto a pieno della sua autonomia, mentre precedentemente era occupata dagli arabi e ancora prima dai Visigoti. Viene rivendicata quindi un’indipendenza che nasconde lunghe e forti radici.

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L’uomo e la divisa

“Vorrei una polizia su cui poter contare, di cui non aver paura, come invece succede a me quando vedo una macchina di pattuglia e sono da sola.” Questo lo dice Patrizia Moretti in uno dei più recenti appelli alla politica italiana, perché si impegni a intervenire su un sistema, quello delle forze dell’ordine, a tratti farraginoso. Se il nome di Patrizia Moretti risultasse ai più sconosciuto, meno lo sarà quello di Federico Aldrovandi.
E non è un bene questo, perché la fama raggiunta da Aldrovandi è la fama di una vittima. Fino al 25 settembre 2005 Federico è solo un diciottenne ferrarese che torna a casa a piedi, dopo una serata in discoteca certo con un po’ di alcol e droga in corpo, ma tutto sommato tranquillo. Ma sulla stessa via di casa di Federico il 25 settembre 2005 passa anche la pattuglia Alfa 3 di Enzo Pontani e Luca Pollastri. Questi ultimi chiameranno poi in aiuto l’Alfa 2 con a bordo Paolo Forlani e Monica Segatto. L’incontro/scontro di queste quattro persone con Federico determina la perdita dell’anonimato per questo studente di Ferrara di 18 anni e la trasformazione in “caso Aldrovandi”.
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