Parigi “una nuova era della cooperazione globale”

L’uomo è l’essere perfetto, è l’animale dotato di razionalità. L’uomo è l’animale che è stato in grado, lungo il corso della sua storia, di evolversi e di ampliare sempre più i campi di interesse.

L’arte, la musica, la scrittura, la matematica, le scienze, sono arti che ci identificano e ci differenziano da tutte le altre specie viventi conosciute e non. Eppure questa nostra grande sete di conoscenza e il progredire della società stanno mettendo in serio pericolo gli equilibri del pianeta minacciando la nostra stessa sopravvivenza. Inondazioni, lunghi periodi di siccità, tifoni ed uragani sempre più frequenti, scioglimento dei ghiacci, inquinamento dei mari sono le conseguenze delle attività umane e nonostante si abbia la consapevolezza dei rischi, ben poco si è fatto per arginare il pericolo fino a pochi decenni fa. Risale al 1979, infatti, la prima conferenza mondiale sul clima tenutasi a Ginevra, in cui si sono lanciati i primi programmi di ricerca, ed il percorso per arrivare all’ultima Cop 21 (Conference of Parties) di Parigi è stato lungo e non privo di difficoltà.

Il 1992 è un anno cruciale per la lotta al surriscaldamento globale. Durante il summit a Rio de Janeiro (Brasile) finalmente è stata riconosciuta l’esistenza dei cambiamenti climatici e della responsabilità umana in questi meccanismi ed è avvenuta la creazione della United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), trattato che puntava alla riduzione delle emissioni di gas serra senza, però, fissarne un limite che verrà indicato solo nel 1995 nella conferenza tenutasi a Berlino.

Il grande salto di qualità lo si è avuto nel 1997 con la stesura del Protocollo di Kyoto. Questo accordo definiva l’obiettivo della riduzione delle emissioni di CO2 non inferiore all’8%, nel periodo 2008-2012 per l’Unione Europea, rispetto alle emissioni registrate nel 1990 (anno base di riferimento). L’obiettivo di riduzione delle emissioni assegnato all’Italia era, invece, del 6.5% nello stesso quinquennio. In più si prevedeva una distribuzione di crediti di emissione (CER) per quegli Stati che diminuivano le emissioni o favorivano progetti nei Paesi in via di sviluppo e si puntava alla creazione di un “mercato flessibile” capace di ridurre le emissioni al costo minimo possibile. Quest’accordo fu firmato e divenne effettivo solo nel 2005 in seguito all’adesione da parte della Russia, che fino ad allora si era rifiutata di partecipare e che era indispensabile alla messa in atto dello stesso Protocollo essendo uno dei Paesi più inquinanti al mondo (da sola produce il 17,6% delle emissioni).

In Italia l’applicazione delle direttive è stata molto tardiva, manco a dirlo. Nonostante già il governo Prodi se ne fosse occupato nel biennio 2006-2008, è solo nel 2012 che viene istituito il “Fondo rotativo per Kyoto”da 600 milioni di euro ripartiti in tre anni con tassi agevolati per investire nelle energie rinnovabili e che era indirizzato ad imprese, soggetti pubblici e privati cittadini, con la possibilità di prestiti anche da parte di condomini, associazioni e fondazioni private.

Un altro grande passo verso un mondo più pulito lo si è avuto a Cancùn (Messico) nel 2010. E’ qui che viene creato il “Fondo per il clima verde”, strumento di investimento per i Paesi in via di sviluppo  che vogliono ridurre le emissioni e puntare al miglioramento della capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, obiettivo, quest’ultimo, che da questo momento diventerà un punto cardine delle successive negoziazioni e che ha trovato ampio spazio di discussione anche nella più recente Cop 21 di Parigi. Questo fondo, secondo quanto stabilito, dovrebbe essere finanziato da più di trenta Stati, tra cui l’Italia, che ha promesso di partecipare con una quota di 250 milioni di euro, mentre i soli Stati Uniti contano di investire 3 miliardi.

Durante la Cop 17 di Durban (Sud Africa) nel 2011 è stato creato il Durban Platform for Enhanced Action (ADP) con l’obiettivo di rilanciare un secondo periodo di attuazione del Protocollo di Kyoto nel periodo 2013-2020, la fondazione di una nuova piattaforma di negoziazione e la conclusione entro il 2012 di tutti i negoziati attivi fino a quel momento.

Il 2015 è segnato dalla Cop 21, summit svoltosi nella capitale francese tra il 30 Novembre e l’11 Dicembre e che ha portato al raggiungimento di quello che è stato definito un accordo storico da tutti gli addetti ai lavori.“Siamo entrati in una nuova era della cooperazione globale per uno dei più complessi problemi mai affrontati dall’umanità. Per la prima volta, tutti i Paesi del mondo si sono impegnati a diminuire le emissioni, rafforzare la resistenza e unirsi per la causa comune, cioè agire sul clima. Si tratta di un grande successo per il multilateralismo”. Così ha parlato il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, una volta palesato il raggiungimento del compromesso.

Ma di cosa parla precisamente il nuovo documento? Cosa lo rende così rivoluzionario rispetto a quanto fatto in precedenza? Secondo gli obiettivi inizialmente prefissati dai Capi di Stato di tutto il mondo, gli sforzi dovevano essere tali da impedire un aumento della temperatura terrestre di 2°C. Durante il meeting, invece, questo valore è stato riconsiderato ed ulteriormente abbassato ad 1,5°C. Ai più questa variazione potrebbe sembrare poco significativa ma in realtà ha una duplice valenza: in primo luogo sottolinea il reale impegno di tutti nella lotta al surriscaldamento e inoltre ritarda nel tempo gli effetti causati dalle emissioni di CO2, che possiamo vedere illustrati in questo video.   Si è ribadita, poi, la volontà di migliorare la capacità di affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici con l’investimento di ingenti somme di denaro (si parla di 100 miliardi di dollari), in parte provenienti dal già citato “Fondo per il clima verde”.

Quindi mitigazione e adattamento sono le parole chiave, seguite da trasparenza, nella definizione delle priorità, nei piani, nei bisogni e nelle azioni attuate; supporto ai Paesi in via di sviluppo per la creazione di Nazioni “pulite”; controllo da parte di una commissione di esperti che opererà in maniera non punitiva; impegno di ciascun Paese nella sottoscrizione di nuovi piani climatici ogni 5 anni per definire obiettivi sempre più ambiziosi. In ultimo, durante le contrattazioni si è parlato anche del Protocollo di Kyoto ed è stato sviluppato un sistema chiaro per l’assegnazione dei crediti di emissione (CER). L’accordo entrerà in vigore non appena lo stesso sarà ratificato e depositato dai 55 Paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni globali.

Ma qual è lo stato di salute dell’Italia? Secondo gli ultimi dati forniti nel 2015 da SCIA, (Sistema nazionale per la raccolta, l’elaborazione e la diffusione di dati Climatici di Interesse Ambientale), il 2014 è stato uno degli anni più caldi che si siano mai registrati battendo tutti i precedenti record e segnando un aumento medio della temperatura dell’aria di 1,72°C e della superficie del mare di 0,99°C. Le piogge annue hanno segnato un +13% e il solo mese di Luglio ha fatto registrare un +150% di precipitazioni anomale nel centro della penisola

Lo stesso trend riguarda altre zone del mondo. Per l’Alaska il 2014 è stato l’anno più caldo dal 1916, anno in cui si sono cominciate le registrazioni a livello nazionale. Per il Giappone il mese di Agosto è stato il più piovoso dal 1946 con precipitazioni pari quasi al triplo della media mensile. Il Sud Africa ha vissuto la peggior siccità dal 1933.

Questi numeri possono dare l’idea della portata del problema e il fatto stesso che la Cina, il Paese più inquinante al mondo, abbia finalmente accettato l’esistenza del problema e si sia seduta per discutere con le altre Nazioni le misure da adottare è un gran risultato. Ciò che interessa, ora, è perseverare negli sforzi e cercare concretamente ed individualmente di fare la propria parte sperando di lasciare un mondo migliore e più pulito alle generazioni che verranno perché “la Nazione che distrugge il proprio suolo distrugge se stessa”.(Franklin Delano Roosevelt)

Martina Shalipour Jafari

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La Tour Eiffel (Parigi) illuminata, recante la scritta 1,5 Degrees, limite di aumento di temperatura fissato durante la Cop21.

 

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