Madrid-Barcellona, dal Referendum per l’indipendenza al ruolo dell’Europa – EDITORIALE

(Editoriale pubblicato anche sull’edizione nazionale del Corriere Quotidiano)

Tante sono le immagini emblematiche del Referendum per l’indipendenza della Catalogna, ma forse una più di tutte rende le dimensioni di una crisi che poteva e doveva essere gestita in maniera differente: quella dei Mossos, il corpo di polizia regionale che sceglie deliberatamente di disobbedire agli ordini di bloccare le operazioni di voto. È una decisione drastica che segna uno spartiacque importante per gli eventi che stiamo analizzando. Dalla ribellione della polizia catalana, infatti, la situazione appare quasi irreversibile, la percezione stessa dell’autorità dello Stato spagnolo risulta compromessa e il principio di legalità sembra passare in secondo piano rispetto a valutazioni ideologiche (fatto impressionante se si contestualizza in una democrazia europea del ventunesimo secolo).

La reazione del governo Rajoy è poi una serie spaventosa di errori oltremodo censurabili.
Per cominciare, Madrid politicamente sbaglia le premesse: inasprire i toni alla vigilia del voto dopo che non si è stati in grado di evitarlo – (magari con validi negoziati orientati alla rimodulazione dell’autonomia della regione) – e arroccarsi sulle proprie seppur legittime posizioni ricorrendo in ultimo alla forza della Guardia Civil, sono scelte che delineano una strategia aggressiva sproporzionata se si considera il dato di fondo, vale a dire l’inesistenza di un qualsivoglia valore giuridico della consultazione
.Al di là infatti delle dichiarazioni e delle intenzioni della Generalitat, il governo Spagnolo – con “le ragioni del diritto” dalla sua – avrebbe potuto più saggiamente minimizzare il voto ribadendone l’assoluta sterilità, potendo contare sull’appoggio prezioso dell’Unione Europea e sul dato, non trascurabile, che l’affluenza a un referendum dichiarato incostituzionale è solitamente molto bassa (vedi dati del 2014) su una platea di aventi diritto peraltro non pienamente convinta dal tema. In tal caso anche un eventuale plebiscito tra i votanti a favore dell’indipendenza sarebbe stato più facile da affrontare, magari riavviando un dialogo istituzionale rispettoso e teso a dare risposte più decise alle ragioni, soprattutto economiche, che sono alla base delle rivendicazioni secessioniste. Reagire così duramente ha invece paradossalmente accreditato la linea della fazione più radicale, che messa alle strette in una situazione già di per sé oggettivamente debole, ha deciso, senza nulla da perdere, di procedere ad oltranza. Le violenze che hanno caratterizzato il referendum rappresentano adesso uno strappo difficile da ricucire, sotto ogni profilo. Sicuramente anche il governo catalano – che gestendo meglio questo azzardo avrebbe potuto aumentare il proprio peso negoziale in virtù di maggiori concessioni da Madrid – si trova ora spalle a muro a dover fare i conti con sentimenti che rendono non solo impossibile (almeno nell’immediato) qualsiasi conciliazione, ma che politicamente portano a una strada buia e senza vie di fuga. La Catalogna indipendente significherebbe invero un piccolo Stato fuori dall’Unione Europea, con tutti i problemi difficilmente risolvibili che ne seguirebbero (si pensi ad esempio all’uscita dal Mercato Unico con l’applicazione dei dazi europei a tutte le esportazioni catalane).

Eppure è proprio attorno all’Europa che si può costruire a mio avviso la soluzione al rebus creatosi in queste ore. Prima di tutto, però, urge che l’UE si interroghi sul suo futuro leggendo attentamente gli spunti che offre la crisi catalana; se infatti tra gli obiettivi del progetto europeo c’è l’unione tra le diversità e la valorizzazione di un’identità comune ai fini del superamento delle logiche nazionali, le istanze indipendentiste attuali – che nonostante la prospettiva comunitaria continuano ad emergere con rinnovato vigore all’interno degli Stati membri – rappresentano un indicativo segnale d’allarme da non sottovalutare. Dalla frattura tra Madrid e Barcellona si può concludere, a mio avviso, che il rilancio del processo d’integrazione europea e un ruolo da protagonista dell’UE possono contribuire a risolvere questioni considerate oggi erroneamente dei meri affari interni. La Commissione a tal proposito può esercitare già da subito in Spagna, con l’autorevolezza che la contraddistingue, una mediazione decisiva tra le parti, per risanare una ferita profonda e affrontare insieme le sfide del futuro.

Salvatore Salzano


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