EBOLA: QUEL MALE CHE CORRE VELOCE

I ricordi si affollano, fitti e pungenti come aculei, dentro quel nome grondante di paura e atrocità: Ebola, il virus che scava dentro, profondo e lancinante come un abisso di fiamme.

Sembrava ormai destinato all’oblio, seppellito nella memoria degli abitanti dei paesi africani, e invece è ritornato, potente e incessante come un’onda omicida.

Bisogna fare un passo indietro per ripercorrere le origini di questa patologia esplosiva e terrificante: la prima emergenza infatti si è verificata nel lontano 1976, mietendo vittime in oltre 45 villaggi situati presso le sorgenti dell’affluente del Congo. Successivamente altri focolai furono identificati in Sudan occidentale, Costa D’Avorio, Gabon e Uganda.

I dati degli anni successivi in realtà mostrano chiaramente che il contagio non si è mai fermato, limitandosi tuttavia ad alcune zone circoscritte, soprattutto villaggi. Ora la malattia impazza  diffondendosi su territori più vasti, intere aree geografiche. Il virus  ha cominciato a diffondersi lentamente in Africa Occidentale fin dal dicembre 2013, data a cui risale il primo caso documentato e riconosciuto dalle autorità sanitarie. Ha preso poi  slancio a giugno e a luglio.

fotografia al microscopio del virus

fotografia al microscopio del virus

L’epidemia di ebola è la più ampia, la più grave e la più complessa che si sia mai vista nei circa quarant’anni di storia di questa malattia”, ha affermato Margaret Chan, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. “Nessuno ha mai visto una cosa del genere.”

Ma cos’è che rende davvero agghiacciante questo fenomeno? Quali sono le cause, quali gli spaventosi sintomi che provoca?

Nella fattispecie, l’ebola è considerato un virus perfetto. E’ un fuoco crepitante e maligno che trasforma ogni parte del corpo umano in un ammasso semiliquido di particelle virali,in tempi così rapidi da sembrare inverosimile. L’agente patogeno in questione, infatti, produce in dieci giorni gli stessi effetti che l’HIV provocherebbe in dieci anni. Nella progressione dell’infezione, grumi di sangue si formano nel circolo ematico, la circolazione rallenta e successivamente tali grumi cominciano ad aderire ai vasi sanguigni. In questo modo parte fulmineo il processo di necrosi  e nell’epidermide compaiono chiazze rosse  ad indicare la presenza di emorragie cutanee. Ma non è ancora tutto, questa belva non limita di certo la sua devastazione a qualche traccia sulla pelle.

Come immersi in un calderone di lava infatti,gli strati più profondi dell’epidermide muoiono e si liquefanno. Sul corpo della vittima compaiono lacerazioni spontanee da cui fuoriesce sangue emorragico, si formano estesi ematomi, la pelle si strappa come carta velina; la bocca sanguina , cosicché ogni grido di dolore è soffocato da rivoli scarlatti.

un paziente affetto da ebola: il suo corpo mostra evidenti lacerazioni

un paziente affetto da ebola: il suo corpo mostra evidenti lacerazioni

Si verifica in seguito emorragia nel cuore dove il sangue riempie la cavità toracica come una diga che straripa. Il cervello si intasa di globuli rossi provocando agglutinazione e successivamente la morte.

Questo microrganismo malvagio ha rivelato in sé una tale potenza distruttrice da intimidire perfino un gigante  all’avanguardia come l’America: il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) di Atlanta, la massima autorità sanitaria negli Usa, ha infatti annunciato il primo caso diagnosticato sul territorio nazionale.

Si tratta di un paziente di cui ancora non sono state diffuse le generalità  – ricoverato il 27 settembre a Dallas presentando tutti i sintomi della febbre emorragica. Un paziente adulto che era arrivato negli Usa dalla Liberia, uno dei Paesi dell’Africa occidentale in  cui si trovano i focolai del virus. “Non c’e alcun dubbio che la situazione rimarrà sotto controllo e che la malattia non si diffonderà negli Usa”, hanno quindi tranquillizzato le autorità sanitarie, spiegando come in queste ore sia fondamentale, oltre a curare il malato in terapia intensiva, individuare tutte le persone che sono state in contatto con lui da quando è arrivato sul suolo americano. Al momento non risulta nessun altro caso sospetto in Texas e negli Usa.

Per quanto riguarda la nostra madre patria, il ministro della salute Beatrice Lorenzin non ha di certo dato adito ad allarmismi, affermando:“ il sistema di allerta e controlli italiano è tra i primi al mondo, come ha riconosciuto anche l’Oms”. Anche se il nostro paese sembra essere lontano dalla folgore, nulla deve restare incompiuto nella lotta al virus. Lorenzin ha infatti continuato: E’ estremamente importante lavorare di più in Africa: abbiamo bisogno di attivare un sistema di cooperazione non solo sanitario ma anche umanitario per bloccare l’epidemia”.

Da Napoli intanto arriva una buona notizia: nei laboratori del Ceinge è stato infatti sviluppato e brevettato un vaccino contro il virus. Il merito di quello che sembra essere un prodigio è da attribuirsi alla società biofarmaceutica “Okairos”, fondata nel 2007 da Riccardo Cortese, con l’intenzione di creare nuovi vaccini per le principali malattie infettive.

In attesa della cura definitiva, svariati sono stati i programmi di interventi d’emergenza. Uno dei capitoli del documento sul tavolo dei ministri si intitola infatti “Evacuazione medica in alto biocontenimento” e riguarda il trasferimento dei pazienti dalle aree affette dell’Africa occidentale e del Congo, dove l’organizzazione mondiale della sanità ha già contato 5000 morti, divorati da una fiera che vive nelle membra e si annida tra le loro stesse vene.

Anna Ruocco

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