BURUNDI: cosa sta accadendo?

Safari, tigri, leoni, ma anche povertà, bambini macilenti e tribù con lance e gioielli fatti d’osso, questo è ciò a cui la maggioranza di noi pensa quando si parla di Africa. L’Africa dei giorni nostri è un continente al centro dell’attenzione delle potenze internazionali, europee e non, che si contendono le ricchezze e la manodopera di questa terra. Nonostante questo, però, i mass media parlano pochissimo delle vicende di questo Paese, e, qualche settimana fa, tra una notizia di sport e l’altra, hanno passato al tg un brevissimo servizio in cui, quasi di sfuggita, si parlava di una “crisi” in Burundi, di armi, di morti, di sangue. Cosa è accaduto?
Siamo al centro del continente africano, tra il Rwanda, la Tanzania e la Repubblica Democratica del Congo, nella regione dei Grandi Laghi. Mentre in Europa la vita scorre tranquilla,  il 25 aprile 2015 il presidente Pierre Nkurunzuza si ricandida ufficialmente per le elezioni previste a luglio, dando di fatto inizio al suo terzo mandato. In Burundi, però, la costituzione impedisce ad un capo di Stato di ricandidarsi per più di due volte, al fine di evitare la presenza di uomini forti che monopolizzino il potere in Terra d’Africa.

Il presidente Pierre Nkurunzuza .

Il presidente Pierre Nkurunzuza .

Il malcontento è peraltro già abbastanza alto, dalle pagine del quotidiano nazionale Le Renouveau du Burundi, infatti, si contestano i prezzi dei prodotti di prima necessità, che restano ancora alti, e si manifesta la preoccupazione per l’assenza di controllo sulla qualità e la validità dei prodotti stessi. Iniziano quindi rappresaglie e manifestazioni da parte non solo dell’opposizione e delle associazioni contrarie al Capo di Stato, ma anche da parte del popolo,che rivendica l’incostituzionalità della decisione presa dal Presidente.

Ribelli durante la guerra civile.

Ribelli durante la guerra civile.

Il bilancio al 10 dicembre è quello di circa 200 morti a causa di esecuzioni sommarie ed extragiudiziarie nella sola capitale. Dopo gli intensi attacchi dei ribelli la repressione da parte del Governo è stata fatta casa per casa: moltissime le esecuzioni sommarie, accertare i morti non è semplice. La paura è quella di sfociare in un conflitto in piena regola che avverrebbe dopo anni di pace costruiti lentamente al termine di una sfibrante guerra civile durata un decennio.

Tra instabilità e paura, moltissime sono le persone fuggite in altri paesi, un vero e proprio esodo dettato dal terrore, e l’ONU, riunitasi a novembre, nelle parole di Al Hussein, Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, ha chiesto di porre fine alle violenze che da aprile insanguinano il Paese. In breve: l’ONU osserverà la situazione e darà gli aiuti necessari affinché si risolva nel modo più pacifico possibile.

Una storia di sangue, di morte e di paura, quindi, che però ignoriamo completamente, come mai? Per tentare di capirci qualcosa, bisogna prima dare uno sguardo alla storia politica ed economica di questo piccolo Stato. Come già accennato ha vissuto più di un decennio di guerra civile, dovuta alle diversità etniche tra Hutu e Tutsi. Nonostante questi ultimi fossero in minoranza erano al potere, così negli anni 70 una rappresaglia armata degli Hutu provocò oltre 200mila morti. Nel 1993 i Tutsi, con una nuova ribellione armata,  diedero inizio alla guerra civile conclusasi solo nel 2006 con un bilancio di oltre 300mila morti. Nonostante il cessate il fuoco del 2006 le tensioni continuarono sfociando in nuovi scontri nel 2008 e nelle proteste nel 2010 per l’elezione dell’attuale capo di Stato, voto boicottato dall’opposizione e ritenuto da loro falso.

Il Burundi però non è solo questo, molti altri sono i problemi che lo minacciano, e non sono di certo quelli interni. Lo Stato ha una base geo-strategica di notevole rilevanza dato che la Repubblica si trova al centro dell’Africa e vicinissima al ricchissimo Congo, con il quale condivide il lago Tanganika, un’enorme distesa di acqua che a quanto pare potrebbe nascondere delle riserve petrolifere. L’amministrazione Bush sembrava quella più intenzionata a rafforzare la sua presenza in Burundi tramite la supremazia religiosa (moltissime furono le sette finanziate dagli americani che tentarono di contrastare la potenza del cattolicesimo, religione dominante del Paese), l’obiettivo era quello di cercare l’appoggio della popolazione, così da utilizzare il Burundi sia come piattaforma ideale per risolvere lo shock petrolifero, che come base d’appoggio per operazioni nei Paesi limitrofi.

La situazione sembra chiara: un popolo in balia della fame, della guerra e della paura, privo di qualunque stabilità economica e politica, vittima di un capo di Stato assetato di potere e irrispettoso della costituzione, nonchè dei “famelici lupi” stranieri che tentano di ridurlo ancora più in ginocchio di quello che è. Ciò che arriva a noi, popolo dei paesi “ricchi”, che dobbiamo preoccuparci solo di quale modello di smartphone acquistare per Natale, è una notizia completamente stravolta, sempre ammesso e non concesso che arrivi, buttata lì tra un goal e un’inquadratura al seno di una soubrette, che non ci fa capire la reale dimensione delle cose. La speranza è quella che l’ONU si attivi ancor più concretamente per risolvere gli evidenti problemi di questo Paese e che, per una volta, non si pesi solo al Dio Denaro ma anche alla vita di migliaia di persone.

Elisa Mormone

Qui il link con il video della notizia mandato in onda da SkyTG24

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