Settantuno anni dopo: la storia si intreccia tra quotidianità ed indifferenza

Era un venerdì 12 settembre, correvo per non presentarmi in ritardo al ricevimento di un professore, scesi alla fermata “Università” della linea I della metropolitana, e,mentre prendevo un caffè, adocchiai la lapide commemorativa presente sull’ingresso del Palazzo della Borsa di Piazza Bovio; una strana coincidenza volle che quel giorno fosse 12 settembre, quello di 71 anni dopo i fatti di settembre, quei fatti che anticiparono le “Quattro Giornate” .

Ero in anticipo e mi fermai sulle scale della sede storica dell’Università di Napoli Federico II -Corso Umberto I, 40- presi una sigaretta dal pacchetto e non avendo l’accendino mi avvicinai ad un ragazzo, chiesi di farmi accendere e mi misi a parlare con lui, sembrava pugliese, mi raccontò che stava per iscriversi all’università, al primo anno, e da buon studente gli diedi qualche consiglio.photo.php
Prima di andarmene gli chiesi se sapesse cosa fosse accaduto, settantuno anni prima, su quelle scale dove stavamo parlando in quel momento.
Lui mi disse di non sapere nulla a riguardo, io gli raccontai del giovane marinaio livornese, vittima davanti a mille napoletani dei soprusi tedeschi, fucilato su quelle medesime scale settantuno anni prima.
Gli raccontai che da molti fu individuato come il momento chiave di quelle che poi passarono alla storia come “Le quattro giornate di Napoli”, e, che i napoletani, esasperati dai continui “Proclama” del comandante Walter Schöll furono scossi dall’esecuzione del giovane marinaio livornese, che stava salendo le scale della Federico II di Corso Umberto I.

Lo salutai, nel suo generale stupore,e mentre cercavo l’aula dove stava per iniziare la lezione del professore, mi immaginai quei giorni di settembre e mi ricordai che tra i vari scontri che ci furono nel 1943, furono stabilite varie basi dai ribelli, da quelli che si opposero ai soprusi dell’esercito Tedesco.
Mi immaginai q22uei napoletani che non si rassegnarono all’idea di essere mandati in Germania.
Da studente della Federico II, da ex studente del liceo Jacopo Sannazaro, mi chiedo perché in tanti anni non abbia mai visto una manifestazione di un certo rilievo per celebrare quelle che furono le eroiche gesta di Atonio Tarsia in Curia o di Adolfo Pansini .
Mi sono chiesto il perché nessuno abbia mai pensato di ricordare ai più giovani questo giorno, perché nessuno mi abbia mai ricordato che in quella palestra dove per tante ore ho giocato con il pallone, mezzo secolo prima venivano portati i corpi dei ribelli, i corpi di quegli eroi che persero la vita pur di difendere la città, sembra quasi di esserci dimenticati di essere insorti come prima città europea contro l’occupazione nazista.

Napoli è ricca di storia , ci sarebbero troppe cose da ricordare, da riscoprire ma perché il massimo esempio di coraggio ed orgoglio viene dimenticato e non festeggiato a dovere ?

Eppure, continuando a salire su quelle scale, immaginavo: i miei antenati, i miei concittadini alla difesa della città, delle Chiese, che si ribellavano ai soprusi, ormai esasperati dai troppi bombardamenti, e pensavo che oggi nessuno di noi ha il coraggio di ribellarsi a tutto quello che ci sta esasperando.
Nessuno avrebbe il coraggio di ribellarsi a quei poteri forti, quei poteri che ci rendono impotenti di fronte alle zone grigie della camorra .
Però se nutro ancora una flebile speranza che un giorno qualcosa possa cambiare, è grazie a quegli eroi delle “Quattro Giornate di Napoli” che mi ricordano che l’unità d’intenti può sconfiggere qualsiasi esercito.

Gianmarco Apuleo


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