Referendum per l’indipendenza della Scozia: la vigilia di un evento storico

Dovrebbe la Scozia essere uno stato indipendente?” Questa è la domanda che sarà sottoposta giovedì 18 settembre 2014, dalle 7 alle 22, ai circa 4.280.000 scozzesi, residenti in Scozia e con più di 16 anni di età.

E’ dal 1707 che la Scozia fa parte del regno di Gran Bretagna, quando sia  il parlamento inglese che quello scozzese firmarono l’Atto di Unione. Questo trattato sanciva di fatto  la creazione del nuovo regno e la sostituzione di entrambi i parlamenti con quello unico di Gran Bretagna, che si insediò nel palazzo di Westminster a Londra. Così, dopo poco più di 3 secoli,  tutto potrebbe finire se dalle urne dovesse uscire la maggioranza dei sì.

Due giovani che dividono la bandiera scozzese da quella britannica simulando l’indipendenza

Due giovani che dividono la bandiera scozzese da quella britannica simulando l’indipendenza

Se a prevalere dovessero essere gli indipendentisti capeggiati dal loro leader Alex Salmond, la Scozia diventerebbe un nuovo stato Indipendente, ma reame del Commonwealth delle Nazioni, come il Canada e l’Australia. Salmond, attuale Primo Ministro scozzese, è il leader del  SNP ( Scottish National Party), il partito nazionale scozzese  con orientamento socialdemocratico. Guida il partito dal 2004 e ultimamente ha trovato l’appoggio di altri partiti come lo Scottish Green Party e quello socialista.
David Cameron, attuale premier britannico , si è schierato dalla parte dei “no” e ha fatto sapere di essere “emotivo e nervoso perché è davvero importante”.
Le questioni più dibattute riguardano ovviamente i vantaggi e gli svantaggi di una eventuale indipendenza e comprendono più campi come quello economico, militare, diplomatico, dunque il tipo di rapporti con la stessa Gran Bretagna e con le grandi organizzazioni internazionali, in particolare l’UE e la NATO.

Al momento Edimburgo rappresenta la seconda capitale finanziaria del regno e banche importantissime come la Royal Bank of Scotland e la Lloyds hanno la propria residenza in Scozia.  Eppure, con la “minaccia” dell’indipendenza sul collo, molte realtà finanziarie hanno promesso, in caso di vittoria dei “Sì”, di spostare la loro sede a Londra. Compresa quella Rbs ora all’81% in mano allo Stato. I motivi sono chiari: troppa incertezza per la moneta, mancata chiarezza su quali regole governeranno banche e attività finanziarie, il peso del governo centrale di Londra (anche in termini di azionariato) e soprattutto il timore di entrare a far parte di una nazione di soli 5 milioni di abitanti. Poi, la sterlina. Tenerla oppure no? E in caso negativo, adottare l’euro? Salmond vorrebbe mantenere il pound, Londra risponde che non avrebbe senso ma alterna secchi “no” a più teneri “vedremo”. Di sicuro, un’unione monetaria sarebbe “difficilmente realizzabile”, come ha detto il governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney. La Scozia dovrebbe infatti accantonare enormi riserve monetarie per poter continuare a usare la sterlina britannica. Soldi che non saprebbe dove trovare, visto che gran parte dei proventi del petrolio non rientrano nell’economia scozzese, andando invece a ingrassare le società energetiche. La battaglia si sta quindi concentrando anche sulle riserve e i giacimenti petroliferi presenti nel Mare del Nord. Alcuni prevedono che si consumeranno entro il 2040 , altri che ce ne sono ancora molti da scoprire. Il British Petroleum , una società leader in questi mari, ha affermato recentemente che l’indipendenza non farebbe altro che accrescere i costi d’estrazione mirando ad una decrescita dell’economia scozzese che trae una gran parte della sua ricchezza proprio dall’oro nero. Alcune aziende scozzesi affermano che solo una parte andrebbe a finanziare il loro welfare, mentre il resto finirebbe nelle casse londinesi senza un’equilibrata redistribuzione. Proprio su questo punto gli indipendentisti sono fortissimi, sfruttando anni di politiche errate da parte di Londra.

Altro pericolo riguarda l’industria del whisky che dà lavoro a moltissime persone e crea un indotto interessante. Il whisky scozzese, che fece le sue fortune grazie ai film di Hollywood, rappresenta l’85% delle esportazioni agroalimentari scozzesi, in un’area poco fortunata dal punto di vista climatico e dove, comunque, anche il cereale per la produzione di questa bevanda alcolica deve essere importato dall’Europa del sud. Dalla sua produzione la Scozia guadagna circa 5,5 miliardi di euro e, con la minaccia di indipendenza, centinaia di produttori si sono ribellati lanciando delle petizioni e raccogliendo firme per scongiurare un eventuale affossamento dell’industria. Il problema principale è che , con una Scozia fuori dall’Unione Europea , verrebbero meno quelle agevolazioni fiscali  tra paesi importatori del prodotto e l’Ue che finora ha contribuito alla ricchezza di questa industria. Inoltre , uscendo dalla sterlina , ci sarà il rischio di un’impennata sui prezzi di produzione e la mancata pubblicità delle ambasciate britanniche in tutto il mondo.

Gli indipendentisti, che partono con gli sfavori del pronostico e che negli ultimi mesi hanno alzato di parecchio il livello dello scontro, puntano sul sentimento e sul fervore nazionalistico e arrivano a far parlare Alistair Darling, politico laburista leader della campagna del no, di pressioni “ingiustificabili” e “crescenti”.

L’ultimo sondaggio in ordine di tempo è quello pubblicato dal Scottish Daily Mail, che mostra come i contrari siano ancora maggioranza, ma solo relativa, al 48%. I sostenitori dell’indipendenza sono al 42% e gli occhi di tutti sono puntati a quell’11% di indecisi che potrebbe davvero ribaltare le sorti e portare a una clamorosa disgregazione del Regno Unito.
Nonostante il nervosismo , Cameron è molto sicuro di vincere anche perché la gran parte di cittadini scozzesi tenderebbe a mantenere lo status quo non sapendo a cosa si andrebbe incontro.

I risultati si cominceranno a conoscere partendo dall’1 di notte per poi proseguire fino a tarda mattinata quando sarà annunciato il risultato delle urne. Per ora quindi, non ci resta che aspettare l’evoluzione di questo evento storico.

Renzo Crispino

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