Io so e ho le prove – RECENSIONE

“Io so ma non ho le prove”. Così recitava Pasolini a proposito della corruzione delle grandi istituzioni.
“Io so e ho le prove”. Questa la confessione di un ex bancario, Vincenzo Imperatore, che decide di scrivere un libro, con omonimo titolo, e raccontare tutto ciò che ha visto, scoperto e nascosto lavorando per anni al servizio di una delle più grandi istituzioni mondiali, da lui soprannominata “Mamma Banca”.
Corruzione, bugie, soggiogamento delle “vittime/clienti” fino a spingerle con una violenza legale perché psicologica a mettere la firma desiderata nel posto desiderato. Firma che sarebbe diventata condanna del piccolo imprenditore, o del modesto operaio, rivoltosi all’ente per un problema grave o per un’esigenza impellente. Giovanni Meola, regista teatrale, decide di mettere in scena alcuni passaggi del testo, dando vita al personaggio di questo bancario “pentito”, interpretato dall’attore Enrico Ottaviano, in una mise en èspace tenutasi nell’ospitale complesso di San Domenico Maggiore. meola
Un incontro quasi casuale quello del regista con il libro, e di forte intesa e collaborazione con l’autore, come raccontato dallo stesso. “Non è un caso isolato, ma un sistema, un associazione a delinquere” commenta Imperatore durante un confronto con il pubblico, al quale ha partecipato anche il Sindaco di Napoli, tenutosi dopo la mise. La tematica impegnativa quanto astrusa alla maggior parte delle persone, che, come osserva l’autore “ritiene impossibile che un’istituzione come quella bancaria possa mirare a far loro dei danni, agire contro il loro interesse”, ha reso l’intera rappresentazione e ancor più il successivo incontro, illuminante. “Poche sono le persone che osano far causa all’istituzione bancaria, molte non sanno neanche dell’esistenza di questa opzione”, osserva l’autore , che, nel libro, riporta anche la più chiara spiegazione a questa situazione: “due giocatori, nessun arbitro”. Nessun controllo, nessun limite, se non, forse, quello della coscienza, che, prima o poi, si fa sentire, come è accaduto a questo onesto “pentito” di un sistema che definisce non migliore e molto vicino a quelli malavitosi.
Un iniziativa interessante, utile e complessa quella dell’autore e del regista, nel tentativo di risolvere il problema della disinformazione di massa e di accendere i riflettori su situazioni illecite che procedono indisturbate ed impunite.

Letizia Laezza

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