Ripartire dal “confronto” per vincere i populismi – EDITORIALE

Editoriale pubblicato anche sull’edizione nazionale del Corriere Quotidiano 

La stagione politica che viviamo è senza dubbio caratterizzata da una comunicazione feroce in cui tutto sembra sempre ridursi a uno scontro perenne e senza quartiere, che spesso dai contenuti – evidentemente scarsi – si dirotta sulla sfera personale, in un deprimente quanto inelegante dibattito sul nulla.

populismoIl pensiero della classe politica di oggi, già di per sé ridotto il più delle volte ai 140 caratteri di un tweet, è sempre meno basato su informazioni accurate, il che rende inevitabile la constatazione che esiste un deficit di preparazione trasversale, inaccettabile considerando le sfide enormi che il Paese aspetta di affrontare immobile da tempo. L’uso capziosamente deviato che si fa di dati spesso superficialmente letti o ancor peggio volutamente manipolati, e in egual modo diffusi, altera tra il pubblico la reale percezione di un quadro economico-sociale estremamente complesso, e di sicuro non adatto agli slogan che campeggiano in ovvia contraddizione da una parte e dall’altra. L’utilizzo dell’insulto come parte integrante della strategia caratterizza poi la discussione tra le parti, che da strumento di connotazione dell’avversario lo utilizzano finanche per mortificare le sue posizioni, anche in questo caso prima ancora di averle valutate nel merito. Il problema, che non va derubricato a scelte di marketing politico, andrebbe seriamente analizzato, specie in un frangente come quello attuale in cui la crisi di rappresentanza e il distacco tra la politica e il cittadino risultano essere in preoccupante crescita, come dimostrano i dati sull’affluenza alle tornate elettorali degli ultimi anni. Questo modus comunicativo – e operativo – dei politici nostrani, in passato caratteristica dei gruppi più estremi e oggi, quasi in autotutela, elemento condiviso da ogni formazione, esclude o emargina i cittadini più moderati da ogni coinvolgimento attivo, dialettico o meno, e si rivolge a un elettorato peculiare sempre più ristretto, ma in ogni caso maggiormente fidelizzabile e parte attiva dello scontro, in un campo dove prese di posizione aprioristiche spesso battono le evidenze oscurando la realtà dei fatti. Ecco allora che si entra in un circolo vizioso, dove l’interesse pubblico a un lavoro congiunto – o quantomeno rispettoso di idee differenti anche solo perché comunque rappresentative – viene sacrificato da un’arroganza miope che punta sull’isolamento, l’attacco cieco, e l’umiliazione dell’altro. La Politica di oggi (che non meriterebbe la maiuscola) mostra dunque il suo lato peggiore: un atteggiamento fascista – diciamolo senza giri di parole – che da ogni parte, in Parlamento come sui social, è parte integrante di una degenerazione culturale che rende sterile ogni minimo celato pensiero di progresso, e che resta la causa principale di un declino inevitabile e complessivo del nostro Paese. Per risalire da questo baratro credo che prima di ogni altra cosa la Politica abbia bisogno di ritrovare uno spazio per il confronto, per superare la violenta logica dell’insulto e l’idea pericolosa quanto autoreferenziale secondo cui ogni alterità in quanto tale sia da condannare o mortificare. Il confronto sottintende preparazione, competenza, approfondimento, rispetto reciproco, presuppone onestà intellettuale e spirito critico, e riappropriarsi di un momento così importante per la democrazia significa restituire spessore al dialogo politico, stimolare una partecipazione consapevole iniziando finalmente a superare i limiti che retorica e populismo impongono. Il recupero e la salvaguardia di un sistema valoriale come il nostro comincia da qui, e può rappresentare anche il rilancio dell’Italia in termini di credibilità, autorevolezza e leadership, in Europa e nello scenario globale.

Serve quindi invertire la rotta, e subito, perché in questo modo non si va da nessuna parte – o peggio – si va a fondo.

Salvatore Salzano

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