Giulio Regeni: un “cervello in fuga” colpevole di aver inseguito i suoi sogni

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Giulio Regeni – giovane ricercatore italiano brutalmente assassinato in Egitto

Il periodo storico che stiamo vivendo è forse uno dei più travagliati, sconvolgenti e particolari che si siano mai visti fino ad oggi. I problemi, le incertezze che ciascuno di noi è costretto a vivere quotidianamente non si discostano molto da quelli dei nostri avi. Eppure un cambiamento c’è stato ed è innegabile. Il mondo della globalizzazione ha acuito a dismisura i malesseri, i conflitti (bellici e non) tipici delle società umane, rendendoli, oserei dire, mondiali. E’ per questo che siamo costretti a vedere i nostri giovani fuggire altrove in cerca di un futuro, in posti in cui non è vana la speranza di poter vedere realizzati i propri sogni.Giulio Regeni era uno di quei giovani.
Nato a Fiumicello, in Provincia di Udine, fin da giovane aveva avuto modo di viaggiare all’estero mostrando una spiccata mentalità cosmopolita. Lo testimoniano anche le dichiarazione dei suoi colleghi ed amici. Giulio, raccontano, “era sensibile, affascinante e concentrato sull’esperienza internazionale, un ragazzo che nonostante la sua età aveva già fatto un sacco di cose”. Purtroppo la sua giovane vita è stata stroncata in circostanze sospette e il suo corpo è stato ritrovato abbandonato sul ciglio di una strada nella periferia de Il Cairo, in Egitto.

Giulio era andato via dall’Italia, come tanti altri suoi coetanei, per stabilirsi in Inghilterra dove studiava all’Università di Cambridge, presso la quale aveva vinto una borsa di studio per il suo dottorato di ricerca. Aveva 28 anni Giulio, eppure non aveva paura di lottare per i suoi sogni, gli stessi che lo hanno portato dall’altra sponda del Mediterraneo, in Egitto appunto, per studiarne il sistema sindacale e le lotte operaie.

Forse è stato proprio questo suo interesse per la classe operaia, o i  i suoi presunti legami con i gruppi di opposizione al governo di Al-Sisi, i Fratelli Musulmani ed il Movimento Giovanile 6 Aprile, ad attirare le inimicizie delle forze di polizia. Sta di fatto che dal 25 Gennaio di quest’anno se ne erano perse le tracce. Secondo le dichiarazioni dei suoi amici, Regeni avrebbe dovuto raggiungerli per passare insieme la giornata in cui ricorreva l’inizio della rivoluzione contro Mubarak (2011), ma ogni segno del suo passaggio si è interrotto in una stazione della metropolitana, ultimo posto in cui il suo telefono ha inviato segnali. Poi, il silenzio. Un silenzio durato nove lunghissimi giorni, fino al 3 Febbraio quando il suo corpo è stato ritrovato senza vita.

Funerali di Giulio Regeni

Funerali di Giulio Regeni

Dopo le iniziali congetture della polizia, che parlava prima di incidente stradale e successivamente di violenze perpetrate da un piccolo gruppo criminale, sembra stiano venendo fuori ogni giorno dettagli terribili sulla morte del giovane ricercatore friulano. Le ultime notizie pervenute dall’Egitto ci parlano di un Giulio Regeni costretto a subire atroci torture. Segni di bruciature sul corpo, unghie delle mani cavate, sette costole rotte, percosse ai genitali ed una emorragia cerebrale che insieme alle vertebre del collo spezzate non gli hanno dato scampo. Questi sono i risultati emersi dall’autopsia compiuta dal medico legale egiziano.

Quello che sconvolge della vicenda non è il metodo di tortura utilizzato o le cause che possono aver provocato il fermo e la scomparsa del giovane italiano. Quello che davvero mi turba e che indigna l’intera comunità internazionale è il fatto che il governo egiziano abbia agito deliberatamente, senza preoccuparsi delle conseguenze a livello internazionale che questa tragedia avrebbe potuto causare. Trovo estremamente vuote e prive di ogni fondamento le giustificazioni dei vari ministri dell’interno, il Generale Abdel-Ghaffar, e degli Esteri, Sameh Shoukry, i quali stanno tentando da giorni di rassicurare l’opinione pubblica internazionale sul regolare svolgimento delle indagini. “Non vi è alcuna speculazione o accusa riscossa” circa il coinvolgimento di forze di sicurezza egiziane. “E’ sconcertante il fatto che ci sia questa impressione. Abbiamo una grande popolazione egiziana, popolazione espatriata, in Italia, che si trova quotidianamente faccia a faccia con attività criminali e qualora dovessi credere che queste attività criminali siano in qualche modo legate all’attività di governo, sarebbe difficile condurre le relazioni internazionali”. Queste le parole pronunciate alla radio dal ministro Sameh Shoukry. (Per maggiori informazioni clicca qui)

Sta di fatto che il mondo si sta muovendo. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della sua visita negli Stati Uniti, ha chiesto al Presidente Barack Obama di intervenire sulla vicenda per assicurare chiarezza e giustizia per il nostro giovane connazionale. Appoggio che il Presidente sembra aver accordato senza remore.

In Inghilterra, invece, gli amici ed i colleghi di Giulio, chiedono a gran voce al governo guidato da David Cameron, di garantire maggiore sicurezza a tutti quei ricercatori che si trovano in Paesi problematici affinché possano essere protetti e tutelati.

In un mondo globalizzato come quello attuale, in cui tutto fugge rapidamente, in cui la memoria diventa storia nell’immediato, e in cui molto viene di conseguenza dimenticato, noi non dobbiamo obliare il coraggio di questo giovane italiano, un giovane “cervello in fuga”, la cui unica colpa, se così può essere definita, è stata quella di aver inseguito il suo sogno. Ciao Giulio!

Dedicato a tutte le vittime di torture e abusi nel mondo.

«”Non mi bendi gli occhi Signore” aveva detto il prigioniero. “Fuoco!” La raffica aveva scosso l’aria e continuato a vibrare nello spazio gelato. Un passero mattutino aveva volato stordito. L’odore della polvere e lo strepitio erano sembrati eternizzarsi, ma lentamente si era di nuovo installato il silenzio. Il tenente aveva aperto gli occhi: il prigioniero era lì sulla seggiola che lo guardava dritto, sereno. C’era sangue fresco sulla massa informe dei pantaloni, ma era vivo, con un viso diafano nella luce dell’alba. Era vivo e aspettava».
(Isabel Allende – D’Amore e ombra)

 Martina Shalipour Jafari

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