Pungente. Sarcastico. Scoppiettante. Un testo piccante, ironicamente doloroso per l’attento ascoltatore che ha saputo cogliere la gravità delle asserzioni buttate lì, con tono a volte giocoso, a modo quasi di battuta, ma che dietro la maschera di “verace” comicità non celano neanche troppo le brutture che intendono denunciare.
In occasione del giorno dell’epifania, Fabio Brescia e Roberto Azzurro, quest’ultimo autore oltre che interprete del testo, hanno dedicato al pubblico della sala consiliare di Marigliano uno sproloquio forte e provocatorio sulla “bella Napoli”, il terzo golfo più bello del mondo, intitolato “Una Lampa”, da interpretare come arrabbiato invito o come rimedio estremo.
Lo sprono fornito da Azzurro lascia il pubblico perplesso nella constatazione che tutto quanto detto è irrimediabilmente vero. Una voce fuori dal coro, decisa a portare avanti il suo ufficiale “litigio” con la propria città, nella sottilmente celata speranza di smuovere le coscienze di questo popolo abituato alla rassegnazione, al menefreghismo, alla mancanza di rispetto, alla scostumatezza, all’inciviltà. O, quanto meno, con l’intenzione di sfogarsi apertamente. Una rivalsa, questo testo, su quanti si lamentano della propria condizione credendo impossibile il fare qualcosa per raggiungere criteri e norme sociali che permettano quantomeno un vivere comunitario armonico. Un’arrabbiata denigrazione dei cittadini che continuano ad adagiarsi nelle situazioni più anomale spacciandole per “normali”, trovando giustificazione nel falso stereotipo che determinate disfunzioni si vivono ovunque e che non esistono realtà effettivamente più civilizzate. Questo spettacolo nasce da una furente invettiva contro un popolo arrendevole e sciatto che dalla propria genesi non ha mai fatto distinzione fra “sopravvivere” e “vivere”, e che da sempre è specializzato nell’arte di “arrangiarsi” ed abituato ad accontentarsi di questa condizione senza anelare ad una più dignitosa. “La scimmia Napoletana”, fermatasi ad uno stadio evolutivo antecedente a quello delle scimmie abitanti altri territori, non ha ritenuto necessario raggiungere una posizione completamente eretta ed una mente individualmente pensante, credendo di poter “campare” solo del panorama, del sole e del mare, senza rendersi conto che anche le bellezze territoriali necessitano di regole, organizzazione e fatica per la loro salvaguardia. Senza rendersi conto che l’inciviltà è la piaga che deteriora ogni tipologia di patrimonio.
Un testo aggressivo e spietato quindi, arricchito dalle interessanti quanto profonde citazioni di grandi filosofi, artisti e pensatori che hanno fatto o hanno parlato della storia di Napoli, la quale, in fin dei conti, non si può negare; per quanto trascurata e male abitata resta sempre maestosamente fascinosa nella sua decadente e genuina bellezza.
Eppure, in tutto questo indisponente frastuono al sapore di denuncia e cinismo, è possibile leggere, a tratti, anche una velata dichiarazione d’amore verso la malandata madre patria, che, in fin dei conti, nonostante si presenti fatiscente e rovinosa, mantiene stretti a se i propri figli in un legame di sangue che li spinge sempre a tornare da lei o a restarle legati, e quindi a soffrire per la sua degradante condizione.
Uno sfogo, quindi, quello di Azzurro, che speriamo possa portare quantomeno ad un’accurata riflessione.
Letizia Laezza
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